LE STORIE DI GERARDO: Due cari compagni di giochi… by marcodobrovich

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LE STORIE DI GERARDO: Due cari compagni di giochi…
![01 - copertina.jpg](https://steemitimages.com/DQmRKsNCd5UxnyTXCQEK1TXJ393J78TdUKKkpq8Nrk1x5S5/01%20-%20copertina.jpg)

_Ancora una storia di Gerardo, il mio amico recentemente scomparso, al quale ho promesso che mi sarei preoccupato di raccogliere i suoi racconti, le sue poesie, il vocabolario dei termini dialettali, i disegni, le foto,… per farne una pubblicazione._

_Questa volta la narrazione spazia dalla descrizione di mestieri e stili di vita che non esistono più, agli episodi di guerra, visti e tratteggiati con gli occhi del bambino di allora…_

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Quando avevo cinque anni, avevamo due cavalle. Quella bianca si chiamava Lisa. L’altra, Balzana, era mora. Ma aveva degli splendidi zoccoli bianchi! 
In quel tempo erano tutte due gravide…

Eravamo nelle campagne presso Allumiere, dove mio padre, con una ventina di muli, svolgeva la sua attività di trasporto di legname coadiuvato da tre mulattieri (_garzoni_) e da mio fratello Raimondo, allora diciottenne. Era la primavera del ’43.

Papà era allo stesso tempo il referente (_capoccia_) per altri cinque mulattieri petrellani (di Petrella Liri). Di conseguenza la carovana era composta da una quarantina di muli!

Si stava in un accampamento costituito da sette-otto baracche fatte di legno e ginestre alle quali si affiancava una grossa tettoia, sempre di ginestre, adibita a _mastareccia_, cioè deposito dei _basti_, per ripararli in caso di pioggia. Il basto era la grossa e rozza sella di legno che si poneva sul dorso delle bestie da soma per collocarvi o appendervi il carico…

Una delle baracche era adibita a _dispensa_, cioè una sorta di spaccio nel quale si vendevano un po’ di prodotti alimentari e dove gli uomini si riunivano a bere un bicchiere di vino e farsi una partita a carte o a morra a fine giornata. 

![02 - mulattieri.jpg](https://steemitimages.com/DQmU9SLk4zLsr6NPJeKefYCJ1KX2zcfycXVpmB6mzpgQg99/02%20-%20mulattieri.jpg)

Io ero l’unico bambino presente, coccolato un po’ da tutti. In particolar modo dalle donne di alcuni mulattieri e da zia Rosalia, la sorella di papà. 

Non ho potuto mai dimenticare quando Mariuccia, la moglie di un nostro garzone di Cappadocia, detto Giuvanni jo Zuzzo (Giovanni ...lo zozzo, il sudicio...), mi si mise sulla sua testa, come se fossi una conca per l’acqua! In un orto nelle vicinanze, dove c’era anche una fontanella, c’era un nido su un alberello di pesche. L’unico modo per farmelo vedere, con gli uccellini appena nati, era quello di sollevarmi il più in alto possibile. Sulla testa, appunto, proprio come normalmente facevano le donne per trasportare dei pesi… 

Con un po’ di timore e tanta curiosità, allungai il collo verso il nido. Non ne avevo mai visto uno con dentro gli uccellini. Era la prima volta…

![3 - donne.jpg](https://steemitimages.com/DQmbGJxn9JUr9tRBMsYbnobCL8akA82Md1bDzpewB2YP7jd/3%20-%20donne.jpg)

Fu anche la prima volta in cui ebbi a che fare con le rane, delle quali conoscevo solo il gracidare notturno... 

Un ragazzino, di qualche anno più grande di me, che si aggirava nei paraggi, un giorno mi chiese se volevo andare con lui al ruscello, in fondo al prato, a prendere le rane. _”Rane…??!”_ Rane era una parola che io conoscevo, ma aveva un significato completamente diverso: rane, nel nostro dialetto vuol dire grano… 

Ci recammo giù verso quel fossato e lui _si scalzò_ ed entrò nel ruscello. 
Restò immobile per qualche secondo con un braccio teso, quindi, con uno scatto felino, immerse la mano nell’acqua ed afferrò una rana. Capii, allora, che si trattava di ranocchie, quelle che sentivo sgolarsi, in coro, durante la notte. 

Allungò il braccio verso di me _”Tieni, prendi!”_ 
Con poca convinzione e un certo timore cercai di afferrarla ma, viscida ed agile com’era, mi sgusciò via dalla mano, liberandosi. Non ricordo il finale, ma credo che la pesca finì lì. 

_”Ma non avevate un retino?”_ 
Un retino…?!! In campagna? Nel ’43? 

Gli alleati bombardavano Civitavecchia, e rivedo ancora le nuvole di polvere e di fumo che si alzavano, laggiù, dietro le colline. 

Giocattoli non ce n’erano, anzi, non ne avevamo. 

Qualcuno, con un po’ di fantasia creativa, mi realizzò un carrellino. Con del filo di ferro e due rocchetti di filo vuoti per le ruote. Quelli di legno. Con i quali, da più grandicelli, realizzavamo il carro armato. Quello con l’elastico e il cuscinetto di cera… 

Lo apprezzai moltissimo, ci giuocai tanto e me lo riportai anche a casa in paese.

Un giocattolo (si fa per dire!) che avevo sempre sognato era la bicicletta.
Vedevo spesso passare in paese un ragazzo che andava con una bici da adulti. Un po’ troppo grande per lui, tanto che non arrivava a sedersi sulla sella . Lo guardavo con invidia ed ammirazione… 

Una volta mi domandò se sapevo andarci ed io, che non ne avevo mai toccata una, per non essere da meno risposi _”Su quelle grandi no, ma su quelle piccole si.”_ 

Da allora, una biciclettina tutta mia, da portare facilmente senza paura di cadere, fu il mio desiderio più grande.

![4 - bimbi giocano.jpg](https://steemitimages.com/DQmR59JyWXK9P6pQFM2mUoVkykGmLrsE66BfQnPuMwhbPEP/4%20-%20bimbi%20giocano.jpg)

La cavalla Lisa era vicina allo scadere del suo tempo e, per questo, la si teneva sotto la tettoia vicino alla nostra baracca, dove c’era la mangiatoia. 

Durante la notte, poverina, fece tutto da sola e, al mattino, con sorpresa, era in compagnia di uno splendido puledrino baio, con una stellina sulla fronte ed una codina ricciolina. 

Mamma mia quanto mi piaceva! 

Era ancora traballante sulle sue lunghe zampe ed io restavo affascinato nel vederlo cercare la mammella della madre. 

_”Mamma, ma chi glielo ha insegnato dove sta il latte?”_
_”E’ la natura, bello de mamma; anche tu, quando eri appena nato, cercavi da solo la sisa di mamma e ciucciavi, ciucciavi…”_

Quanto era bello! Guai a chi me lo avesse toccato. Era mio, era il mio cavalluccio. Il mio compagno di giochi.
 
Ma un pensiero mi assillava: sapevo, da quanto dicevano gli adulti, che i muli, normalmente molto legati ad una cavalla, soffrono di enorme gelosia e cercano di aggredire il puledrino, a morsi o rampando, per ucciderlo. Quanto mi preoccupava questa cosa…!! 

Per questo alla sera, quando i mulattieri tornavano dal lavoro e liberavano i muli dalle loro imbragature e questi passavano correndo a testa bassa davanti alla postazione della cavalla io, a guardia del mio cavallino, mi mettevo sul percorso, agitando le braccia e gridando: 

_“Via, via! Poggia llà! Poggia llà!”_

Beata incoscienza! Mia madre veniva fuori con le mani nei capelli.

_”Madonna mé, Madonna mé! Levati a mamma ché ti mettono sotto!”_
_”Ma, vogliono ammazzare il cavalluccio!”_
_”No, levati che ti mettono sotto e t’ammazzano a te!”_
 
Alla fine tutto andò bene. E dopo qualche giorno sarebbe toccato a Balzana, che continuava a trascorrere la notte nel prato, ad alcune centinaia di metri da noi.

Quel giorno, mia madre, molto mattiniera come era sua abitudine, dando uno sguardo fuori, vide che lontano, nel prato, stava succedendo qualcosa di strano, qualcosa di preoccupante…

_”Raimondo!… Raimondo corri! Alzati, corri presto…s’è figliata la cavalla!”_ 

Raimondo saltò di scatto dal letto, si vestì in un lampo e via, a gambe levate corse verso il prato. Il cavallino era già in piedi e la madre lo teneva davanti a sé, scalciando violentemente a destra e a manca contro qualsiasi mulo che tentasse di avvicinarsi al figlio. Ma i muli erano tanti e lei era sola, poverina, e debilitata dal parto. 

Mia madre, sempre preoccupatissima, continuava ad osservare a distanza. Seguendo Raimondo che, con la potenza dei suoi anni e la sua lunga falcata, era arrivato in un attimo sulla scena. 

Che sollievo! Raimondo prese in braccio il cavallino con una facilità tale che sembrava stesse abbracciando un agnellino. E lo portò in salvo, seguito dalla madre che, sommessamente, gli nitriva dietro. 

Mamma mia quanto era bello! Tutto nero, con una grossa stella bianca sulla fronte, e la criniera e la coda ricce ricce. Il mio secondo compagno di giochi.

Dopo questi fatti, per me divenne sempre più importante proteggere quei miei due puledrini. E le scene di mia madre con le mani nei capelli, si ripeterono sempre più spesso…

Un giorno mio fratello Raimondo mi portò con lui nel bosco vicino, dove c’era la legna da caricare. 

Mi mise a cavallo di uno dei muli _accodati_ in fila.

Non ero mai stato dentro un bosco. Le favole che ci raccontavano, erano quasi sempre ambientate nei boschi dove, normalmente, o c’era il lupo, o l’orco. Ma quel bosco non era buio come nelle favole. Molti alberi erano stati tagliati e dal terreno spuntavano i ciclamini. 

Guardandomi intorno, un po’ disorientato chiesi: _”Ma non ci stanno i lupi qui?”_

Raimondo, con un sorriso, indicando un grosso ciocco di legno: _”Certo che ci stanno, guarda, eccone uno. …Ma no, non ti preoccupare, che qui non ci sono! E poi, se ne vedo uno, lo vedi questo tortore? Glielo spacco sulla testa.”_

![5 - muli.jpg](https://steemitimages.com/DQmbsD4USbkWJc3zrtsqrh3rG8QjACZDcpNyUihAcVAUfLg/5%20-%20muli.jpg)

Verso la fine della stagione, mia madre ed io dovevamo ritornare al paese. C’era da raggiungere Civitavecchia per prendere il treno per Roma. Mezzi di trasporto non ce n’erano. Gli unici che transitavano erano camion militari. Ci mettemmo sul ciglio della strada cercando di fermarne qualcuno. Ma niente da fare.

Mio padre allora si fece imprestare da un amico contadino una _vignarola_, un carrettino utilizzato per i trasporti in campagna. Vi attaccò Bandiera, una mula bionda, addestrata anche al traino e, trottando, trottando, arrivammo a Civitavecchia. 

Qui i ricordi sfumano e si confondono, ma mi resta l’immagine di tante macerie tra le quali dei militari scavavano, chi con il piccone e chi con degli strumenti che io non avevo mai visto: i martelli pneumatici! 

Camminando a piedi, mia madre chiedeva informazioni per la stazione, quando… _“Guarda, Gerà! I carcerati! Poveretti…”_

Un gruppo di uomini procedeva verso di noi lentamente. Erano ammanettati ed incatenati a due a due. No, non dimenticherò mai il loro sguardo ed il sorriso rivolto verso quel bambino che li guardava stupito ed un po’ spaventato. Le carceri erano state colpite dalle bombe ed essi venivano tradotti altrove…

I ricordi riprendono sul treno dal quale rividi, per la seconda, volta il mare… 

Quella infinita distesa di acqua che affascinava ed allo stesso tempo incuteva timore ad un ragazzino che sapeva vivere solo correndo tra i prati, in seno alla natura. 

I pali si rincorrevano sempre più veloci, al ritmo cadenzato delle ruote sui binari. _Tutun tutun… tutun tutun…_ Io, non curante dei richiami di mia madre, scorrazzavo qua e là per il vagone, fino a che, un improvviso stridore di freni non mi fece ritrovare a terra lungo il corridoio.

![7 - carretto.jpg](https://steemitimages.com/DQmfDMTr3LXYwVZzbyTiY65DW3bVEpdoRJFQTHCR6TuTLU7/7%20-%20carretto.jpg)

A Roma, piena di negozi e botteghe, mi si risvegliò il desiderio della bicicletta. 

Non avevo assolutamente l’idea che un tale desiderio, era una cosa improponibile. Soprattutto in quel periodo ed in quella situazione… Ma io la desideravo e, pestando i piedi e agitando la mano ed il braccio di mia madre, la assillavo con la richiesta _”Mamma, comprami una bicicletta piccola, ti prego!”_

Mia madre, poverina, non sapeva che cosa rispondere. Ma non mi disse che non poteva comprarmela, che non c’erano i soldi, che non era il caso… _”Ma dove te la vado a comprare ora una bicicletta, bello di mamma?”_

Iniziò quindi ad entrare in alcuni negozi lungo la strada, che trattavano vari generi fuorché biciclette (!), chiedendo …se avevano biciclette! Con uno sguardo che voleva dire: _”Abbiate pazienza, ma non so come farlo stare buono…”_ 

Naturalmente la risposta era sempre negativa, e lei: _”Vedi, a mamma, qui le biciclette non ce le hanno, fai il buono che mamma poi ti regala qualche altra cosa…”_

La testardaggine dei bambini…! Ma dove ci sarei potuto andare con quella benedetta biciclettina? Forse tra le strade scoscese di Petrella, con scale e selciati?

Finalmente arrivammo nei pressi di Piazza Bologna, a casa di zia Cecilia, sorella di mia madre. Abitava al piano terra ma non era in casa. La vicina ci disse che era andata a lavare in terrazzo. Mamma spinse un bottone in una porta di metallo e delle corde e delle ruote cominciarono a muoversi. Entrammo in una cabina; mamma spinse un altro bottone; dopo un po’ riuscimmo, ma eravamo in un altro posto… Era la prima volta che prendevo un ascensore!  Un _miracolo!!_

Mamma cominciò a chiamare e, finalmente, ci incontrammo con mia zia e riscendemmo giù.
 
Casa sua non aveva il camino come quella nostra, e neppure i fornelli con il carbone. Aveva un pomello nero tutto bucato che, quando gli accendevi vicino un fiammifero, veniva fuori la fiamma. (?!)

Non aveva la conca, ma l’acqua veniva direttamente da un rubinetto, al quale aveva aggiunto un pezzetto di tubo di gomma.  E nel gabinetto c’era un grande vaso bianco, dove ci si sedeva per fare i bisogni. Poi mia zia tirava una catena e si sentiva un forte rumore d’acqua, che scendeva e portava via tutto. (!!)

Un paio di giorni dopo ripartimmo per il paese. 

Prendemmo il postale che partiva da Castro Pretorio (o Castro Petrolio, come dicevano i paesani!). Il viaggio era lungo; il vecchio postale, uno di quelli con muso fuori e con grossi parafanghi, ci impiegava diverse ore per arrivare al paese, percorrendo la vecchia Tiburtina e superando il valico di Monte Bove. 

Non era in grado di effettuare, nella stessa giornata il viaggio di andata e di ritorno: un giorno partiva per Roma ed l’indomani tornava. 

![8 - corriera.jpg](https://steemitimages.com/DQmTTMLg7ngrS5i4wm9r5Zn83LsATBS8a6EYKj8tSzq8MKd/8%20-%20corriera.jpg)

In paese ritrovai i vecchi compagni ai quali potei raccontare le novità vissute in un paese lontano. Grande… E aspettavo con ansia che tornassero le due cavalle con i puledrini…

E, finita la stagione lavorativa invernale, i puledri finalmente tornarono. 

I miei due cavallucci erano un po’ cresciuti. Dopo qualche tempo, mio padre vendette la cavalla mora con il figlio. Decidendo di tenersi Lisa perché, secondo lui, che se ne intendeva, erano di ottima razza.

Nel frattempo il paese era stato invaso dai tedeschi ed i mulattieri cercarono di tenere le bestie lontano dalla loro portata, temendo che potessero essere requisite. 

Mio fratello si dette alla macchia con i nostri muli. In montagna. Dormendo, come altri ragazzi, in posti di fortuna. In qualche capanna abbandonata o in qualche grotta. Ogni tanto tornava in paese per rifornirsi e ripulirsi. 

Che ragazzo! I sacrifici non gli avevano mai fatto paura. 

Uno di quei giorni, avendo un impellente bisogno di fare un bagno, si tolse gli indumenti intimi che brulicavano di pulci! E mia madre, per evitarne l’invasione, li mise a bollire. Altri li gettò direttamente al fuoco del camino. 

![9 - in grotta.jpg](https://steemitimages.com/DQmRVeBVCcp7vt6t3xKe97xcZVmFijroUBP5uRZr8s3EHdh/9%20-%20in%20grotta.jpg)

Intanto il puledrino era cresciuto ed era stato svezzato. 

La madre tornò al lavoro e lui restò alle cure della famiglia e, soprattutto alle mie. 
Non gli avevamo dato ancora un nome. continuavamo a chiamarlo Il Cavalluccio. Si era abituato ad essere tenuto a cavezza ed io lo portavo a pascolare nei dintorni e ad abbeverarlo. Avevo sempre un certo timore che i tedeschi me lo potessero portare via…

Quando raggiunse i trenta mesi di età, venne domato al trasporto con il basto, senza difficoltà. Ma fu una grossa impresa il ferrarlo per la prima volta… Saltava e scalciava con violenza, e ci volle la collaborazione di diverse persone per tenerlo a bada.

Per tutta l’estate fu addestrato al lavoro con il trasporto del fieno ed altre piccole cose. Poi fu avviato al lavoro vero, insieme all’altro bestiame. 

Lo rividi solo dopo un paio di anni. Aveva una campana al collo ed era diventato una delle migliori _guide_, cioè quello che, sensibile ai comandi del mulattiere, è sempre in testa al gruppo che lo segue. 

Gli fu dato un nome degno della sua bravura: Gioiello.

![10 - gerardo.jpg](https://steemitimages.com/DQmSdPWRjCWtbJ1q9JSXSuv92cvAwd4wxFAUCUrm3PaH8pd/10%20-%20gerardo.jpg)

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__I racconti precedenti:__
<a href="https://steemit.com/ita/@marcodobrovich/in-ricordo-di-un-grande-amico-che-non-c-e-piu" >__I miei primi sci__</a>
<a href="https://steemit.com/ita/@marcodobrovich/le-storie-di-gerardo-polenta-e-panuntella-due-pietanze-due-ceti" >__Polenta e panuntella. Due pietanze, due ceti__</a>
<a href="https://steemit.com/ita/@marcodobrovich/le-storie-di-gerardo-il-nostro-natale" >__Il nostro Natale__</a>
<a href="https://steemit.com/ita/@marcodobrovich/le-storie-di-gerardo-primo-amore-prima-bugia" >__Primo amore, prima bugia…__</a>

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_Il racconto, le immagini e l'autoritratto di Gerardo sono pubblicati con il consenso della moglie. Le altre immagini sono tratte dal web e sono libere da Copyright._
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Fantastico! Grazie
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Grazie!
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interessante come sempre
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Grazie. Davvero...
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@miti ·
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Un altro pezzo di storia.. di sfondo la guerra e il semplice desiderio di un bambino ingenuo. A tratti l'ho trovato commovente perchè mi sono immedesimato nei panni di una madre che protegge il proprio figlio.
Bellissimo.
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:)
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@bhargavivkothari ·
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Great Gerarfo again seen after 2 days. Seems very greatly written. In English it sometimes its not perfectly translated by chrome but can understand the meaning.
👍  
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authorbhargavivkothari
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@marcodobrovich ·
Good!
If you like, go and see my previous stories about my travels to Africa or through the Dolomites mountains...
They are written in english also...
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authormarcodobrovich
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