SIERRA STORYTELLING: UN GIORNO CON RODOLFO by steam.erotic

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SIERRA STORYTELLING: UN GIORNO CON RODOLFO
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<center><sub>*Questo racconto è stato scritto e pensato come partecipazione al [neverendingcontest](https://steemit.com/ita/@spi-storychain/theneverendingcontest-n-6-s1-p2-i1-contest) di @spi-storychain*</sub></center>

<center><sub>S1-P2-I1
**Tema:** Figli
**Ambientazione:** Barcellona
proposto da @noemilunastorta</sub></center>

<center><sub>*I dialoghi in* corsivo *sono da intendersi pronunciati in spagnolo.*</sub></center>

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<sub>[Pixabay](https://pixabay.com/en/person-male-man-portrait-shadow-828630/)</sub></center>

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<div class="text-justify">                 
 
Giulia era sola in casa, quando suonò il campanello. La mattina dopo sarebbe dovuta andare al lavoro molto presto, quindi stava approfittando della temporanea assenza dei figli per riposare un po’ nella propria camera, con le tapparelle abbassate. Era tardo pomeriggio e il corridoio sul quale affacciava la porta d’ingresso era privo di finestre. Ciò nonostante, Giulia non si preoccupò di accendere la luce e andò ad aprire avvolta nella penombra.
Nemmeno il pianerottolo era particolarmente illuminato e Giulia ebbe a malapena il tempo di intuire la sagoma dell’uomo al di là della porta socchiusa prima che quest’ultimo si facesse strada con la forza, spalancando la porta e sospingendola contro il muro opposto. L’uomo era vestito completamente di nero, con jeans scuri e una t-shirt di cotone sotto la giacca di pelle. Anche i capelli erano scuri e nero era il borsone che teneva in spalla ma che lasciò cadere a terra una volta entrato, mentre la porta si richiudeva con un tonfo. Giulia ebbe l’istinto di urlare, ma qualunque suono le morì in gola quando l’uomo la afferrò per il collo, premendole il suo corpo addosso contro il muro. Solo sentendo le dita stingersi a comprimerle il respiro, si accorse che l’uomo indossava anche i guanti. Una delle braccia di Giulia era rimasta schiacciata dietro la sua schiena, mentre l’uomo afferrò l’altro braccio con la mano ancora libera, tenendolo saldamente ancorato al suo fianco.
 
A nulla servirono i tentativi di Giulia di divincolarsi. L’intruso inalò a fondo l’odore dei suoi capelli, mentre una sua gamba si intrometteva tra quelle di lei, consentendo ai loro corpi di unirsi ancora di più. La mano sul collo continuava a stringere, lenta e inesorabile, mentre l’uomo iniziava a mordicchiare e succhiarle il collo, fino ad affondarle i denti immediatamente sotto il lobo dell’orecchio. Il singhiozzo di Giulia si perse in nulla, mentre la sua mente cominciava a confondersi e la vista ad annebbiarsi per la mancanza di ossigeno.
Quando ormai temeva che sarebbe svenuta, la mano sul suo collo allentò la presa e Giulia istintivamente si accasciò nel cercare di recuperare lucidità. Il peso del corpo dell’uomo su di lei la mantenne in piedi contro il muro e lui iniziò a toccarla ovunque con foga, quasi il corpo di lei gli appartenesse e lui sentisse il bisogno di riappropriarsene. Mentre con una mano ancora le teneva saldamente fermo il braccio libero, con l’altra le afferrò un seno, modellandolo e stringendolo fino a farla uggiolare. La sua bocca era ancora sul collo di lei, baciando e mordendone ogni centimetro.

Giulia infine si era ripresa e nella penombra il suo mondo sembrava essersi ridotto al corpo dell’uomo, che la copriva, stringeva, toccava, mordeva, baciava. Provò a parlare, cercando di divincolarsi.
<Cos…>
<Shhhh,> la silenziò lui, portandole una mano sulla bocca e sussurrandole nell’orecchio. <Non c’è nessun bisogno di parlare. E non pensare nemmeno a divincolarti.>
Con un unico, preciso movimento l’uomo si distanziò da lei quel tanto che bastava per girarla di 180°, facendo leva sul braccio che ancora stringeva, e Giulia si ritrovò nuovamente schiacciata tra il muro e il corpo dell’uomo, solido e apparentemente inamovibile. 
<Non hai alcuna speranza con me, signorina. E opporre resistenza mi farà solo eccitare di più.>
Per tutta risposta, Giulia cercò nuovamente di divincolarsi, emettendo una serie di mugolii strozzati. La risata dell’uomo risuonò profonda nel suo petto, trasformandosi ben presto in un suono assai più animalesco mentre azzannava il morbido e invitante incavo tra il collo e la spalla di Giulia, misurando la stretta in modo da comprimerne il nervo e provocarle una intensa fitta di dolore. Giulia urlò.
Sorridendo, l’uomo si portò una mano alla bocca e, afferrando la punta del guanto con i denti, lo sfilò lasciandolo cadere a terra. La mano tornò rapida sul culo di Giulia e, dopo una sonora sculacciata, si insinuò tra i suoi pantaloni. Erano dei comodi pantaloni da casa e l’uomo non fece alcuna fatica a raggiungere gli slip e superare anche quella flebile barriera. Con un rapido movimento di gambe, costrinse Giulia ad aprire ulteriormente le sue e la mano raggiunse facilmente il suo obiettivo: separò con due dita le grandi labbra, penetrando più nel profondo. Quando estrasse la mano, le dita erano ricoperte degli umori di Giulia, che l’uomo assaporò con entusiasmo.
<Vedi? Il tuo corpo lo sa che sei solo una stupida troietta.> La afferrò per la coda di cavallo, strattonandola e strappandole un ulteriore gemito di dolore. <E adesso, vediamo la camera da letto.>
Iniziò a spingerla lungo il corridoio, verso la stanza buia in fondo che, in effetti, era la stanza padronale. Cercando ancora una volta di liberarsi, gli occhi di Giulia si riempirono di lacrime di disagio e frustrazione, ma ogni suo tentativo di rallentare l’uomo o divincolarsi fu vano e ricompensato solo da ulteriori schiaffi o strattoni. Quando finalmente arrivarono in camera, l’uomo gettò Giulia sul letto e con un calcio chiuse la porta. Giulia si guardò velocemente attorno, in cerca di qualcosa da usare per difendersi, ma l’uomo fu più veloce. La afferrò per i piedi tirandola nuovamente a sé e velocemente le fu nuovamente addosso. 
Giulia non smise un attimo di agitarsi, tentando di urlare e toglierselo di dosso. Nel retro della sua mente, la speranza che tutto fosse finito prima che i figli rientrassero a casa. 

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<sub>[Pixabay](https://pixabay.com/en/barcelona-street-gothic-quarter-3410112/)</sub></center>

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La porta d’ingresso si riaprì circa un’ora dopo. 

<*Mamma, siamo a casa!*> Gridò Jaime entrando, mentre sua sorella Esther accendeva le luci del corridoio.
<*Mamma! Mamma! Oggi sono stata bravissima, ho fatto tutti i salti. Mamma!*> Urlava felice la piccola Carmen. 
<*C’è nessuno?*> Le fece eco Esther, dirigendosi verso il soggiorno e quasi inciampando nel borsone nero. <*Hey, chi ha lasciato qui questo borsone?*>
<*Non sembra uno dei nostri,*> osservò Jaime tornando indietro dalla cucina, che aveva trovato vuota e fredda.
<*Lo so io: è Rodolfo!* Rodolfo è qui!> dichiarò Carmen entusiasta. <Mamma! Rodolfo!> Iniziò a correre verso la camera di sua madre, ma Jaime la fermò, afferrandola per la vita e ridacchiando.
<*Tesoro, se Rodolfo è qui ed è in camera della mamma, sono sicuro che non sia una buona idea fiondarsi lì dentro senza bussare.*>
<*Beh, possiamo bussare, però,*> osservò Esther raggiungendoli. <*Dai, forza, voglio salutarlo. Al massimo ci mandano via.*>

Dall’interno della camera furono più veloci e la porta si aprì prima che i ragazzi avessero fatto un altro passo.
<Ma che cos’è questa confusione? Non ci saranno mica tre mostriciattoli da rimettere in riga, vero?> Rodolfo era sulla soglia, con una maglia nera e i jeans scuri, senza scarpe, calzini o cintura, i folti ricci neri un po’ spettinati, come se si fosse appena alzato dal letto e un sorriso scanzonato sul volto. Alle sue spalle, arrivava dal bagno lo scrosciare della doccia. 
<Aaaaah!> Urlò entusiasta Carmen, correndogli tra le braccia. Rodolfo rise, la afferrò e la sollevò, facendola volare per qualche secondo.
<Carmen, tesoro! Quanto sei diventata grande. Tra un po’ non riuscirò nemmeno più a sollevarti. Dammi un bacio qui, sulla guancia.>
<Rodolfo, ben arrivato. Ti aspettavamo,> lo salutò Esther, abbassando timida lo sguardo e spostandosi con la mano una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Con un po’ più di insicurezza rispetto alla sorella, si avvicinò e diede a Rodolfo un bacio sulla guancia opposta.  
< Ciao Esther. Sei meravigliosa.> Esther arrossì, indietreggiando. <E tu, ragazzone… Come va?>
Jaime era rimasto a distanza, incerto, ma salutò comunque Rodolfo con un sorriso.
<Hey, Ro. Ben arrivato.>
Rodolfo lasciò che Carmen tornasse con i piedi per terra, ma le fece una carezza sulla testa per addolcire il distacco.
<Vostra madre sta facendo una doccia, ma sarà pronta tra poco. Perché non andate anche voi a darvi una rinfrescata e ci vediamo tra una mezz’oretta a cena. Ho già ordinato le pizze.>
<Pizza!> Carmen corse felice verso la camera che divideva con la sorella, seguita da Esther, mentre Jaime andò nella direzione opposta. Rodolfo recuperò il proprio borsone dall’ingresso e richiuse la porta dietro di sé.

Giulia uscì dal bagno e gli sorrise.
<Erano i ragazzi?>
<Sì, abbiamo appuntamento tra una mezz’ora in sala da pranzo. Doccia libera?>
<Sì, vai pure. Intanto ti disfo la valigia.>
Rodolfo fece per dirigersi verso il bagno, quando Giulia lo fermò con una mano sul braccio.
<Sono contenta tu sia qui, mi sei mancato.>
<Anche tu, amore mio.>
<Ed è stato molto intenso, prima. Mi è piaciuto tanto.>
<Lieta di essere stato all’altezza delle aspettative,> rispose l’uomo, con un sorrisetto malizioso.
<Mi spiace dover lavorare, domani. Te la senti di passare la giornata con i ragazzi?>
<Ma certo, ci divertiremo. Non ti preocupare.>

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<sub>Jaime, [Pixabay](https://pixabay.com/en/boy-teenager-cool-standing-1284509/)</sub></center>

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Il giorno successivo Giulia andò al lavoro poco dopo le sei, mentre gli altri occupanti della casa ancora dormivano profondamente. Si alzarono tutti con comodo, verso le nove. Era domenica e i ragazzi non avevano scuola, quindi erano rimasti d’accordo che avrebbero trascorso la mattinata tutti assieme. Le ragazze erano sembrate entusiaste della prospettiva, mentre Jaime un po’ meno.
A colazione cercò nuovamente di svicolare, provando a convincere Rodolfo di avere degli amici che lo aspettavano altrove, ma Rodolfo non si fece persuadere. Giulia aveva affidato i ragazzi a lui e non intendeva deluderla. Esther si dimostrò estremamente devota a colazione, facendo di tutto perché Rodolfo avesse qualunque cosa desiderasse e Carmen lo intrattenne tutto il tempo con i racconti dei suoi progressi al corso di ginnastica.

Uscirono verso le dieci, diretti alle *Ramblas* e alla *Boqueria*. Mentre camminavano verso la metro, Rodolfo fece in modo di lasciar camminare avanti le ragazze per rimanere un po’ indietro con Jaime.
<Jaime, qual é il problema?>
<Cosa vuoi dire?>
<Non sei obbligato a farti piacere il fidanzato di tua madre, ovviamente, ma mi sembrava che avessimo un buon rapporto. E invece da ieri sembra che non ti faccia piacere che io sia qui.>
<Ma no, non è così. Ti sbagli.>
<Dici?>
<Dico, dico.>
<Mi sarò sbagliato io. Ma ti prego di dirmelo se c’è qualcosa che non so. Forse tua madre non è contenta che io sia qui?>
<Ma figurati, anzi.> rispose Jaime, calciando un sasso, le mani in tasca e il cappuccio tirato sulla testa.
<Allora forse è quello il problema. Non vuoi che sia felice?>
<Certo che voglio che sia felice! Solo che…> esitò. Rodolfo aspettò che trovasse da solo le parole giuste. <Beh, insomma… è anche troppo felice. Quando si avvicina una tua visita è molto più allegra e sorridente, quasi non si accorge di nient’altro… Vorrei che fosse così felice sempre, non solo un paio di volte l’anno e non solo per te…>
<Capisco,> prese tempo Rodolfo. <Sai che se potessi vivrei qui con voi, vero?>
<Ma sì, non intendevo quello. Lo so. Però mi dispiace che quando non ci sei…>
<Credi che non le bastiate voi per essere felice?>
Il silenzio di Jaime rispose per lui.
<Jaime, ascolta. Giulia vive per voi tre: vi adora e farebbe di tutto per voi. Uno dei motivi per cui resta qui a Barcellona è non costringere voi a trasferirvi o non dovervi lasciare. E’ felice di farlo per voi e anch’io sono felice perché so che la sua priorità siete voi. Se aspetta con maggiore entusiasmo una mia visita è solo perché mi vede meno spesso, ma ciò non toglie che il suo mondo siate voi e che vi voglia un bene dell’anima.>
<Lo so, lo so questo.>
<E allora?>
<Ma sì, scusami. Sono stato uno stupido, mi dispiace aver tenuto il muso.>
<Non c’è problema, sono contento che ci siamo chiariti. Hai veramente gli amici che ti aspettano?>
<No. Cioè, sì, alcuni amici si trovano al parco per una partita, ma posso venire con voi, non è un problema. Facciamo un giro: non posso certo lasciarti da solo in balia delle ragazze.>
<Bravo il mio socio. Non avrei saputo come fare, altrimenti,> rispose Rodolfo con un occhiolino e Jaime si fece una risata.

Le ragazze li sentirono ridere e si girarono ad aspettarli.
<Jaime, prendi Carmen per mano, ché non si perda in metro. Di Rodolfo mi occupo io.> Esther si intromise tra il fratello e Rodolfo e prese quest’ultimo sottobraccio, sorridendogli radiosa. <Vieni, Rodolfo, di qua.>

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<center>![53BC779D-1008-4E8D-BACC-5DA4779A8D95.jpeg](https://cdn.steemitimages.com/DQmaRNCxM4mS8C4DDgMpXDQhksNiE4qURbR2SSFaMc9TVzG/53BC779D-1008-4E8D-BACC-5DA4779A8D95.jpeg)
<sub>Esther, [Pixabay](https://pixabay.com/en/woman-young-girl-fashion-beautiful-3096113/)</sub></center>

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Arrivarono alla loro fermata e iniziarono a passeggiare per il lungo viale alberato, fermandosi quasi ad ogni bancarella e ad ogni mimo o statua vivente. Le *Ramblas* erano più un’attrazione turistica che altro e infatti i locali erano pochi, nonostante fossero circondati da numerose famiglie e gruppi eterogenei di giovani e meno giovani. Ma anche se ormai conosceva Barcellona tanto quanto Giulia, che ci abitava da vent’anni, gli piaceva fare ancora il turista, di tanto in tanto. E in ogni caso la loro vera meta era il mercato della *Boqueria*, una delle attrazioni più note della città ma anche uno dei mercati più grandi della Spagna, ricco di ogni specialità vicina e lontana e pieno di sfiziosità. D’accordo con i ragazzi, Rodolfo voleva cercare qualcosa di speciale da preparare per cena, quando finalmente anche Giulia sarebbe stata in ferie e libera di trascorrere un po’ di tempo assieme.

Esther non aveva più lasciato il braccio di Rodolfo da quando l’aveva reclamato entrando in metropolitana e passeggiando per le *Ramblas* sembrava averci preso anche troppo gusto. Rodolfo faceva finta di nulla e continuava a chiacchierare con tutti e tre i ragazzi, ma Esther sembrava voler monopolizzare la sua attenzione, distraendolo ogni volta che scambiava più di due parole con Jaime o Carmen. Ad un certo punto, Rodolfo la vide lanciare diverse occhiate ad un gruppo di ragazze sue coetanee che camminavano poco avanti a loro. Quando Carmen si diresse con entusiasmo verso le grosse gabbie piene di pappagalli colorati e vocianti, Esther tirò invece Rodolfo per un braccio, chiedendo di poter andare a vedere un banco di ninnoli e profumi nella direzione opposta. Rodolfo si scambiò uno sguardo d’intesa con Jaime che, ridacchiando, seguì la piccola Carmen mentre Rodolfo accompagnava Esther.
Arrivati al banco, la ragazza iniziò a fargli un sacco di moine in spagnolo. <*Rodolfo, caro, guarda che belle cose. Fammi un regalino, dai. Sii buono. Sai che poi saprò ricompensarti…*> Rodolfo la guardò abbastanza esterrefatto e vide che la ragazza arrossiva ed evitava il suo sguardo, ma con la coda dell’occhio vide anche che il gruppo di ragazze che stavano apparentemente seguente era fermo allo stesso banco e ora li guardava con malcelata curiosità. Pensò di sapere cosa Esther cercava di fare, ma non volendo umiliarla davanti a quelle ragazze cercò di stare al gioco senza compromettersi eccessivamente.
<*Non se ne parla nemmeno. Una ragazza bella come te si merita molto di più che della paccottiglia da turisti. Andiamo a cercare qualcosa di meglio, vieni.*> La condusse via con gentilezza e, incrociando lo sguardo incredulo delle altre ragazze, fece loro un piccolo cenno di saluto, tornando poi a concentrare tutte le sue attenzioni su Esther.

Si ricongiunsero a Jaime e Carmen poco più avanti, ma Rodolfo lasciò che Jaime continuasse a seguire Carmen ovunque la conducesse la sua vivace curiosità e continuò a camminare con Esther al braccio, aspettando che l’imbarazzo della ragazza scemasse. Dopo qualche minuto, vedendo che il colorito del volto della ragazza era tornato quasi normale, azzardò una domanda.
<Amiche?>
<No,> rispose lei, intimidita. <Solo delle compagne di scuola un po’ acide. Scusami.>
< Nessun problema. Ma spero non credano veramente che tu esca con un vecchio come me.>
<Ma scherzi?> Esther arrossì di nuovo. <Sei un figo da paura, figurati che gliene frega a quelle dell’età. Prendono sempre in giro tutte, atteggiandosi a grandi seduttrici, ma alla peggio sbaciucchiano qualche ragazzotto del quartiere. Volevo solo vendicarmi un po’.>
<Ed è per questo che non mi hai mollato un attimo da quando siamo uscite di casa?>
<Beh… Sì. So che spesso nel weekend se ne stanno da queste parti. Scusami se ti ho messo in imbarazzo.>
<Tranquilla, nessun problema. Solo non farlo più senza avvisarmi prima… A voi magari non interesserà l’età, ma tu hai pur sempre sedici anni: potrei finirci io nei guai.>
Esther sembrava affranta, ma Rodolfo non era veramente offeso o preoccupato, quindi cercò di farle tornare il sorriso.
<E così sono “un figo da paura”, eh?> Le chiese, alzando e abbassando ripetutamente le sopracciglia, ammiccante. Funzionò. Esther rise e gli diede un’amichevole spallata, mentre raggiungevano Jaime e Carmen davanti all’ingresso della *Boqueria*.

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<sub>Carmen, [Pixabay](https://pixabay.com/en/child-model-girl-beauty-portrait-807547/)</sub></center>

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Una volta dentro, cercarono di stare più vicini, ma era difficile nella folla, quindi procedettero molto lentamente. Si lasciarono distrarre dalla miriade di colori, odori e sapori del mercato, prima di concentrarsi veramente sulla spesa. Quando ebbero finito si era fatto tardi ed avevano tutti fame. Esther propose di uscire e cercare un ristorantino in cui era stata con delle amiche qualche tempo prima, *Los Caracoles*. Lo trovarono dalla parte opposta delle *Ramblas*, in una delle stradine laterali.
Era un ristorantino molto vivace e caratteristico, che si sviluppava in lunghezza portando i clienti ad attraversare un lungo corridoio che fiancheggiava le cucine, prima di arrivare ai tavoli sul fondo. I quattro furono fatti accomodare in un bel tavolo ampio al centro di una delle molte stanze un cui era suddiviso lo spazio. Era tardi e molti altri tavoli erano già occupati, immergendoli in un accogliente vociare e colpendo i loro sensi con l’odore e il calore delle specialità della casa.

Scoprirono che il nome del locale non era casuale e che l’ingrediente principale erano proprio le lumache. Jaime ed Esther si accontentarono di qualcosa di più ordinario, mentre Rodolfo volle provare alcuni piatti speciali. A sorpresa, anche Carmen volle provare le lumache e non riuscirono in alcun modo a farle cambiare idea. Quando furono serviti, però, trovandosele nel piatto, non ne volle sapere e si rifiutò di mangiarle ma senza apparentemente voler chiedere altro. La situazione si stava facendo tesa e la piccola Carmen era sul punto di scoppiare in un pianto disperato. Le emozioni della giornata e la stanchezza accumulata stavano avendo la meglio. Rodolfo cercò di consolarla e i fratelli le offrirono un po’ delle loro pietanze. Finirono di mangiare in fretta, con Carmen che singhiozzava, pagarono e uscirono.
Una volta fuori, Carmen divenne inconsolabile e non riuscirono a farla camminare più. Rodolfo la prese in braccio e, dopo averla consolata, la portò così fino a casa, mentre i fratelli maggiori portavano la spesa.

Qualche ora dopo, quando Giulia finalmente rientrò da suo interminabile turno al lavoro, trovò Rodolfo e i tre figli, esausti, che dormivano profondamente sul divano, ammassati gli uni sugli altri. E fu felice.

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![0C5CF112-B3C8-4CD8-8568-33019EB454F7.jpeg](https://steemitimages.com/DQmW5h1fEaNvpdZzyM7t5vBrBo7twcvMQin9jgzQ1XDxfQW/0C5CF112-B3C8-4CD8-8568-33019EB454F7.jpeg)

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<center>**Per saperne di più:**

*Las Ramblas*, [Wikipedia](https://it.wikipedia.org/wiki/La_Rambla?wprov=sfti1)
*La Boqueria*, [Wikipedia](https://it.wikipedia.org/wiki/La_Boqueria?wprov=sfti1)
*Los Caracoles*, [Tripadvisor](https://www.tripadvisor.it/Restaurant_Review-g187497-d717325-Reviews-Los_Caracoles-Barcelona_Catalonia.html?m=19905)</center>

<center>**Rodolfo** è comparso anche nel precedente racconto [IL PRANZO DI FAMIGLIA](https://steemit.com/ita/@steam.erotic/sierra-storytelling-il-pranzo-di-famiglia), in cui **Giulia** veniva solo menzionata di sfuggita.
Sicuramente compariranno ancora.</center>

<center>![531A644C-B70C-463A-802F-E71ADD0E7C12.png](https://steemitimages.com/DQmTjUEWdmEvtQcJMueV3YTGnHVNweSGbfDAAEVnCRGPJm4/531A644C-B70C-463A-802F-E71ADD0E7C12.png)</center>

<center>*When I'm good, I'm really good. But when I'm bad, I'm better.*
Mae West</center>

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@pawpawpaw ·
Un quadro molto realistico di una famiglia non tradizionale. Spesso si è genitori anche se non lo si è di sangue.
Mi è piaciuto! 

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@steam.erotic ·
Ti ringrazio!

Nella mia mente la giornata era più articolata, ma alla terza ora di scrittura il moroso ha cominciato a frignare che lo trascuravo... quindi l’ho trasformato in Carmen e ho chiuso lì 😜
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@pawpawpaw ·
Hahahaha! 

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@road2horizon ·
Sensuale, dolce,comprensivo e complice: questo Rodolfo è un personaggio raro! Complimenti!
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@piumadoro ·
L'uomo che tutti desiderano! Mi sono innamorata! Ahahaha...
Una piccola incongruenza... nel testo dici che è domenica, i quattro si recano alla Boquerìa... che però, come quasi tutte le altre attività commerciali di Barcellona, è chiusa la domenica ed i festivi.
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@steam.erotic ·
Mannaggia, *well spotted*! Avevo messo domenica perché non sapevo se fosse ragionevole che sabato i ragazzi non andassero a scuola.
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@piumadoro · (edited)
Immaginavo... ma non è certo una cosa che rovina questo bellissimo (e sensuale) racconto!
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