**E’ bello** uscire di casa e salutare la vicina con un sorriso e lei che ti ricambia con affetto. **È bello** anche che tu vada in un bar e incontri quell’amica che non vedevi da tempo o che all’ufficio postale scambi quattro chiacchiere con una zia di una tua vecchia amica. **E’ bello** crescere giocando per strada senza nessuna paura del prossimo, fare giochi genuini e passare la maggior parte del tempo all’aria aperta. 
Giuro che tutto questo è fantastico ma c’è un *però.* 

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<center>[*Immagine CC0 creative commons*](https://pixabay.com/it/tramonto-alba-natura-montagna-3325080/)</center>

Vi ho già raccontato che abito in un paese piccolino di 300 disgraziati sul cucuzzolo della montagna e che fa parte di un comune di 5.000 abitanti, comune costellato da frazioni simili alla mia. 
Sono cresciuta qui e ho abitato sempre in questa realtà e so che molti dicono che è bello, che in città non ti conosce nessuno e che ti senti solo nell’indifferenza di tutti.  
Voglio però raccontarvi i lati negativi dell’abitare in una realtà così, dove ci si conosce tutti, dove nel raggio di 30 chilometri vedi sempre le solite facce. 

*Asilo, elementari e medie* fatte tutte nello stesso comune, tre sezioni in cui ci conosciamo TUTTI da sempre, ci siamo visti crescere. Incontro persone con cui giocavo all’asilo e che adesso saluto con un cenno della mano ed un sorriso quando ci incontriamo in macchina. 

Fatto sta che ad un certo punto ha iniziato a stufarmi tutto questo conoscersi, ho iniziato a voler vedere facce nuove e conoscere persone che non sapessero che alle scuole medie partecipavo alla campestre o che organizzavo le feste di fine anno a scuola o che ero negata nella corsa ad ostacoli.  
Volevo vedere persone che non mi conoscessero, volevo aria fresca e volevo essere un libro nuovo per chi mi incontrava. 
Anni fa ricordo un’uscita con delle amiche in cui decidemmo di allontanarci proprio per stare da sole, ci sparammo 50 chilometri per andare in una serata in un locale chiamato “Due di picche” (il nome ci attirava a prescindere) per stare da sole, **girl power** insomma. Dopo venti minuti mezza comitiva nostra era arrivata facendo finta di non vederci e dicendoci poi: *"Ma daiii, anche voi qui!!!!"* 
E niente una di noi aveva fatto la spia e aveva avvisato dove saremmo andate. E io ancora non capisco perché ci eravamo dovute allontanare così tanto per passare la serata sempre nello stesso modo. Mi divertivo per carità ma eravamo 5 amiche single, c’era bisogno anche di altro.  

Quando andavamo alle feste nelle nostre zone era sempre la stessa storia, sempre gli stessi discorsi, sempre le stesse persone con cui avevo condiviso tutto, con cui concludere la serata a parlare di: *"Ti ricordi quella volta….”.* 
 

Ho avuto un momento di rottura con tutto questo, non ne potevo proprio più. Cene organizzate con gli amici con cui hai fatto le medie, che già vedo abbondantemente. Anche il figlio del mio capo ha la mia età e abbiamo fatto le stesse scuole. E adesso mi tocca anche essere comandata da lui, il colmo dei colmi.  

Ci sono mattine in cui ho provato a fare colazione al bar, quello di una vita che è anche pasticceria ma ho dovuto smettere. Si perché la mattina io sono per il gioco del silenzio, non comunico e non voglio ascoltare nulla. Lì sono stata investita da conoscenti e amici in un interrogatorio stile CIA. 

Oppure ci sono giorni del cavolo dove vuoi essere anonima, vuoi sparire sotto terra, vuoi diventare invisibile perché ti girano e non ce la fai ad essere sempre gentile e niente non puoi esimerti.  

Vi faccio un esempio per capire l’invadenza. 
Il mio capo una volta mi chiese se dopo la pausa pranzo gli prendessi i sigari e tranquillamente mi fermai in tabaccheria. C’era il padre di un mio amico d’infanzia a lavorarci e quando gli feci la richiesta sbiancò partendo con un’arringa su quanto il fumo faccia male o su quanto sia disdicevole che una donna fumi il sigaro poi. Ero stremata, in quel momento avrei solo voluto quel diamine di pacchetto e rientrare a lavoro. Ma niente, dovevo spiegare per chi erano e che in vita mia non avevo mai fumato. Nel suo viso ricordo serenità e sollievo. 
Io ero frastornata e anche stufa. Non potevo fumare anche volendo. 

C’è una brutta abitudine da me. Chi non ti riconosce ti ferma con la mano a paletta e ti fa la domanda di rito: *"Di chi si lu fijii tu?!?”* (Tradotto di chi sei il figlio?). Si perché deve sapere il paese di origine, di che famiglia fai parte, qual è il tuo percorso di studi e cosa vuoi fare nella vita.  

 

L’ultima volta che ho votato, una scrutatrice mentre ero in fila ha iniziato a chiedermi del perché avessi schiarito i capelli e dove andassi. No dico, non è normale. Soprattutto se in quel momento devi votare e andartene. E dopo di lei una cugina di mia madre, una conoscente e un altro parente hanno trasformato la giornata delle votazioni in un comizio.

 

Vado spesso dalla commercialista dell’azienda dove lavoro perché gli organizzo la contabilità e mi capita spesso di essere caricata come un asino da soma, con tre faldoni pesanti, il cellulare nella tasca posteriore e le chiavi *in bilico tra santi e falsi dei*, e mentre sei lì che speri non crolli nulla incontrerai qualcuno che vorrà parlarmi, sapere se mia mamma sta bene, se il cane mangia o se mio fratello ha finito le superiori finalmente. Tu vuoi solo andare dalla commercialista e tornartene a casa. 

Da due mesi la mia vicina di casa viene con me a lavoro visto che lavoriamo nella stessa zona e lei è rimasta senza macchina. Tralasciando l'invadenza mattutina dove per dieci minuti sono costretta a intavolare una conversazione forzata, devo anche giustificarmi se nel caso la sera prima sono uscita e ho fatto tardi. Si alla mia vicina. 

Se ne esce così: *"Allora hai fatto tardi ieri sera."* 
e io, un po' agitata: *"Eh sì, sono uscita."* 
E lei: *"Si ma non con S."* 
e io: *"Si, sono uscita con un'amica e abbiamo fatto tardi."* 
E lei: *"Ah."* Visibilmente *contrariata.* 

No non ditemi che sia bello tutto questo perché vi garantisco che non lo è, soprattutto per me che non vedo mai quello che mi accade intorno perché me ne frego ampiamente. Se guardate fuori dalla finestra e vedete un panorama beh lì capirete la vastità del mio menefreghismo del mondo che mi circonda, io di certo non chiederei mai nulla se un vicino facesse qualcosa di strano. 
Siete liberi per me. Il problema è che non lo sono io. 

Concludo con il dire che si, abitare in un posto dove vedi sempre una faccia amica fa sentire in pace con il mondo e non sei mai sola, ma ci sono delle volte dove vorrei essere invisibile, non dovermi giustificare con nessuno e non dover rendere conto soprattutto. 

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<center>[*Immagine CC0 creative commons*](https://pixabay.com/it/domande-chi-cosa-come-perch%C3%A9-dove-2110967/)</center>

Io che per carattere ho bisogno dei miei momenti di solitudine tutto questo conoscersi a volte pesa. Pesa come un macigno.  
Non sempre ma a volte lo trovo **estenuante.**  
Vorrei fare una pausa ogni tanto per prendere una boccata d'aria, poter staccare da tutto questo che si, sa di casa e di affetti per la maggior parte del tempo, ma che a volte fa rima con invadenza e pesantezza. 

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